“Qualche giorno fa mia figlia Sandrina ed il suo compagno di classe Piergiulio giocavano al gioco del nuovo sindaco di Trieste…” Comincia così la lettera inviata all’Accademia della Crusca da una mamma triestina, che prosegue nel racconto: “a un certo punto ho sentito Sandrina dire frasi di questo tipo: <Andrea lo dipiazziamo all’Ente Porto, Gianluca lo dipiazziamo all’Acegas, Michela la dipiazziamo alla Fondazione CRT…> Allora le ho chiesto: <ma scusa, come li scegli quei nomi?> E lei: <più mi stanno simpatici, più importanza gli do, anche se sono stupidi. > La cosa buffa è che la parola dipiazzare ricorda un po’ il nome di un ex sindaco di Trieste, quindi ho deciso di raccontare questa storiella a voi della Crusca”.
Qualche giorno dopo la mamma ha ricevuto la risposta dell’Accademia della Crusca: “Cara Sandrina, la parola che hai creato è bella ed efficace. Il linguaggio della politica fa spesso uso di parole composte dai nomi di persone realmente esistite, come stalinista (Stalin+ista), andreottiano (Andreotti+ano) o kennedismo (Kennedy+ismo). Si tratta di aggettivi o sostantivi che denotano uno stile, un modo di essere o di fare politica. Tu invece hai fatto di più, hai creato un verbo, cioè una parola che definisce un’azione specifica. Affinché dipiazzare entri in un vocabolario, bisogna che la usino tante persone e tante persone la capiscano. Se riuscirai a diffondere la tua parola tra tante persone e tante persone in Italia cominceranno a dire 'ho dipiazzato questa persona in quella posizione', intendendo che un amico ha avuto una nomina importante, ecco che allora dipiazzare sarà diventata una parola dell'italiano. Brava!"
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