sabato 30 aprile 2016

Il Vulcanissimo alla conquista di Trieste. Ultima puntata.


Eccoci al nostro ultimo colloquio. Dimentichiamoci ristrettezze e brutture, immaginiamo di avere a disposizione tempo, denaro ed entusiasmo. Cosa facciamo di Trieste?

Abbelliamola. Già è bella così, ma la si può rendere bellissima.

Sogniamo. Come?

Eliminiamo le brutture. Abbattiamo Rozzol-Melara, l’Ospedale di Cattinara, la Fiera e gli altri ecomostriciattoli disseminati qua e là.

Addirittura l’Ospedale?

L’ideale sarebbe trovare un’area dove edificare un nuovo unico ospedale per la città, abbattendo Cattinara e trasformando il Maggiore in un presidio sanitario di ridotte dimensioni.  Ci sono poi quartieri di edilizia popolare che non ci fanno onore. Bisogna dare una casa migliore a chi ci abita e buttare giù edifici vecchi, brutti, inospitali.

Ed al loro posto?

Aree verdi, parchi. Trieste ha la grande fortuna di essere circondata dalla natura, ma bisogna recuperare il verde anche in città.

Dove, per fare un esempio?

Il complesso della ex Fiera di Trieste va abbattuto e sostituito con un’area verde: zero costruzioni in quell’area che è già fortemente abitata. Il colpo grosso sarebbe mettere le mani sull’ippodromo e trasformarlo in grande parco urbano.

E l’ippica?

Se ne fa ancora? Temo che sia un settore in regresso e non mi si può negare che quell’impianto occupa uno spazio enorme in un’area che ha grande bisogno di spazi.

Altre idee?

L’ex meccanografico va buttato giù, e con esso il vecchio mercato ortofrutticolo, che sta per essere trasferito. In quella zona possiamo recuperare spazi aperti. Qualche parcheggio e aree verdi aperte al pubblico. Altri interventi analoghi sono possibili in vari punti della città, espropriando, se serve, edifici privati fatiscenti e disabitati.

Una furia demolitrice.

Trieste è una città cresciuta urbanisticamente in maniera disorganica, demolire non deve essere un tabù. Il centro ha bisogno di spazi e la periferia di quartieri più belli. Faccio un ultimo esempio..

..prego..

Leggo che il Burlo verrà traslato a Cattinara, e già mi immagino la discussione su cosa fare della vecchia sede. Lo dico fin da ora: buttiamola giù, prima che qualcuno si inventi una scusa per investire risorse immense per una riqualificazione a vanvera.

Va bene, chiudiamo con due parole sulla campagna elettorale prossima ventura.

L’ex centrosinistra e l’ex centrodestra sono d’accordo: RDP corre per arrivare secondo ed escludere dal ballottaggio PM. Il 19 giugno convergeranno tutti su RC, dando a RDP il ruolo di capo dell’opposizione, in modo da consentirgli di fare il tribuno in Consiglio comunale.

Quindi?

Quindi votate V. come Vulcanissimo.

(10. Fine)

lunedì 25 aprile 2016

Il Vulcanissimo alla conquista di Trieste. Nona puntata.

Siamo quasi alla fine di questo ciclo di conversazioni. Ci siamo occupati di tutto, e ora bisogna anche capire da dove reperire le risorse per tutte le belle cose di cui abbiamo parlato.
 
Serve un’analisi seria del bilancio comunale. Bisogna distinguere le aree che comportano inevitabilmente dei costi, quelle che devono funzionare in pareggio, o comunque dove si possono ridurre le perdite, e quelle che possono generare ricavi. Il Comune deve spendere per assistenza (disabilità, avviamento al lavoro, anziani), istruzione, manutenzione (edifici pubblici, strade, rete fognaria ..) e poco altro. Può risparmiare o andare in pareggio in settori come i trasporti, razionalizzando il funzionamento della partecipata Trieste Trasporti e come la raccolta rifiuti e l’igiene urbana, migliorando l’efficienza di Acegas. Stesso discorso per il settore museale: vanno affidate al volontariato le esposizioni cronicamente in perdita e valorizzati i pochi poli attrattivi.

Un approfondimento serio va fatto per gli impianti sportivi. Vorrei capire quanto gravano sul Comune i due stadi ed i due palazzetti. Quanto potrebbero rendere e quanto invece ci costano. Pur dispiacendomi, va affrontato anche il discorso dei Teatri e dei contributi che assorbono.

Più in generale serve un censimento di tutto il patrimonio comunale, dagli immobili alle partecipazioni, in modo da poter capire se è possibile aumentare i ricavi. E se ci sono aree irrimediabilmente in perdita, rami secchi da tagliare, si deve tagliare. Mi riferisco anche alle partecipate ed alle poltrone dei consigli di amministrazione.

Ci sono poi le voci di spesa per varie iniziative sportive o culturali, con finanziamenti a pioggia concessi senza una chiara logica. Anche qui bisogna avere il coraggio di dire di no, e, fatti salvi eventi di particolare rilievo, cancellare ogni erogazione. Liberi i cittadini di associarsi e di promuovere iniziative, ma aspese loro.

Infine, come ho già detto, è possibile allargare le aree di sosta a pagamento – fatta salva la gratuità per i residenti. Da lì possono arrivare incassi importanti.

Ultimo capitolo dei risparmi riguarda il personale. Purtroppo il Municipio ha ancora un eccesso di funzionari amministrativi che va progressivamente eliminato.

Pare comunque che l’amministrazione uscente abbia fatto passi avanti. Sia nella gestione del personale che nelle posizioni delle partecipate.

Forse sì, ma temo che ci sia ancora da lavorare. Faccio un esempio e solo uno. Qualcuno mi dovrebbe spiegare che cosa ci fa un avvocato penalista alla presidenza di una società multiservizi. Che competenze specifiche ha? Che motivi tecnici ci sono per una nomina del genere?

Una nomina politica?

Ma non mi risulta neppure che abbia incarichi politici. O che abbia dimostrato impegno politico di un qualche tipo. L’unica cosa che mi risulta è che ha difeso e difende personaggi politici di tutti gli schieramenti nei procedimenti penali che si sono succeduti in questi anni.

E' un impegno politico anche questo…

Sì, che sembrerebbe essere stato ricambiato con una nomina altrettanto politica, ma che non ha una giustificazione logica.

Qualcuno bisognava pur metterci su quella poltrona e, in fondo, che male c'è?

Magari si poteva scegliere uno con competenze specifiche. Ed a voler essere diffidenti, direi che una persona sospettosa potrebbe immaginarsi che gli onorari del difensore nei processi penali vengono pagati (almeno in parte) con la remunerazione di presidente della società multiservizi. I triestini pagano i servizi ed i relativi incassi pagano l’avvocato ai politici che l'hanno nominato lì.

Complottismo puro.

Per smentire tali sospetti si sarebbe potuto attendere qualche mese e procedere alla nomina dopo le elezioni. Invece sono andati di fretta, visto che, come tutti vedono, l’interesse è bipartisan. Ritorniamo su un punto già affrontato: ci sono due schieramenti che si fanno la guerra solo a parole. In realtà, e nemmeno così nascostamente, sono d’accordo su quasi tutto e sono pronti ad accordarsi. Anche il quotidiano della città partecipa all’inciucio.

E come?

Lo sfarzoso annuncio sul giornale delle prossime nozze di un candidato, con la celebrata presenza del presunto rivale, sono il suggello all’accordo fra i due schieramenti. Suggello apposto dai poteri della città dalle pagine del nostro amato quotidiano. Se mai leggeremo i programmi elettorali, scopriremo che le differenze sono solo nei dettagli. La gestione della città, nelle linee fondamentali, continuerà come prima, chiunque sia il vincitore.

C’è pur sempre l’incognita del terzo incomodo.

Se anche vincerà, vedremo se avrà la forza di durare e di resistere. E soprattutto di cambiare sostanzialmente le cose. Il dogma del ricambio continuo impedisce la formazione di una classe dirigente solida e competente. Con un sistema del genere si rimane in superficie, non si ha la forza di andare alla radice dei problemi. In cinque anni non si cambia una rotta che procede inesorabile da decenni. E’ come pretendere di governare una petroliera come se fosse un optimist. I cittadini percepiscono tale debolezza e finiscono per votare gli schieramenti tradizionali, senza rendersi conto che la contrapposizione è fasulla ed i due schieramenti sono d'accordo, ai danni dei cittadini stessi.

Alla fine, siamo tornati al Patto del Nazareno al Kren.

Prima o poi vedremo la foto dei due candidati seduti fianco a fianco a mangiar porcina. E lei stesso dovrà ammettere che aveva ragione il Vulcanissimo.

(9. continua)

Il Vulcanissimo alla conquista di Trieste. Ottava puntata.

Vulcanissimo, abbiamo toccato molti temi, ma non tutti. Parliamo di assistenza: Trieste, si dice, spende più di qualsiasi altra città.

Non stupisce, vista l’alta percentuale di anziani. Bisognerebbe anche valutare la qualità, oltre alla quantità. L’impressione è che, comunque, le aree di sofferenza siano ampie: mancanza di alloggi popolari, emarginazione, nuove povertà, solitudine, disabilità.

E cosa bisognerebbe fare?

I miracoli sono impossibili, ma penso che il problema più grosso sia la mancanza di coordinamento per le diverse esigenze. Se guardiamo ai bisogni primari, le risposte vengono da soggetti diversi non comunicanti fra loro. Per la casa c’è l’Ater, per la salute c’è l’Azienda sanitaria territoriale, per l’assistenza domiciliare il Comune, per il lavoro il Centro dell’Impiego, che da provinciale sta transitando alla Regione. Quattro servizi che non fanno rete, per cui manca la visione organica dei bisogni dei nuclei familiari in difficoltà. Il risultato è di non saper commisurare le esigenze reali alle offerte possibili.

Da dove si dovrebbe cominciare?
 
Casa e lavoro.

Ok. Casa.

Trieste è piena di case vuote. Bisogna attivare sistemi che consentano al Comune ed all’Ater di ampliare il proprio patrimonio e quindi l’offerta di alloggi di edilizia popolare. Le centinaia di famiglia in lista di attesa meritano una risposta. Investire in immobili darebbe al comune la possibilità di consolidare il proprio patrimonio offrendo al tempo stesso alloggi a chi ne ha necessità. Nei paesi avanzati il Comune ha diritto di prelazione sulla vendita di immobili abitativi e la possibilità di confiscare edifici abbandonati o comunque cronicamente sfitti è reale. Da noi gli strumenti sono inadeguati e le relative possibilità sono solo virtuali. Servono interventi normativi che rendano effettivi gli interventi in tal senso.

E le risorse?

Ho già elencato tante voci del bilancio su cui risparmiare.

Lavoro.

Per prima cosa bisogna valutare come le risorse regionali vengono spese. La formazione professionale, che dovrebbe far incontrare domanda ed offerta è un punto debole a livello nazionale, e qui le cose non vanno meglio. La si fa più per dire di aver fatto qualcosa, buttando denari in iniziative che danno lavoro solo a chi le gestisce, non a chi ne fruisce. In secondo luogo bisogna finanziare più massicciamente i programmi di inserimento già esistenti, che ad oggi sono più che altro un parcheggio. Inviare la gente al lavoro è sempre meglio che fornire sostegno ai redditi.

E poi?

Come dicevo bisogna fare rete fra i vari servizi, in modo che gli operatori abbiano un quadro della situazione complessiva delle persone in difficoltà, potendo interagire con le strutture competenti. L’assistente sociale deve poter intervenire presso Ater, Azienda sanitaria, medico di base e Centro per l’impiego, così da assistere il fruitore in tutte le esigenze primarie. Purtroppo siamo governati da una burocrazia miope, incapace di recepire le esigenze di una persona, con il risultato che gli strumenti esistenti, che pure sono modesti, non vengono neppure utilizzati al meglio.

Un capitolo a parte riguarda asili e scuole. Dobbiamo fare di tutto per dare un posto al nido ed alla materna a tutti, ma veramente a tutti. E la scuola dell’obbligo deve diventare un luogo di formazione, di aggregazione e di crescita personale. Tutte le famiglie, ed in particolare quelle in difficoltà, devono poter contare su un sistema scolastico che segue i ragazzi durante tutta la giornata. Per quello che compete al Comune, vanno ampliati e migliorati gli edifici, arricchiti i servizi che non ricadono specificamente nella competenza scolastica, come sport e musica.

Un argomento bello vasto.
 
Prima di spendere denari in pavimentazione di strade, parcheggi sotterranei, canali o altro, occupiamoci delle scuole. Serve un programma urgente di riqualificazione ed arricchimento degli edifici scolastici, che devono diventare luoghi dove si sta meglio che a casa. Aperti tutto il giorno, con la possibilità di fare sport, ascoltare o fare musica, seguire corsi complementari. E’ un intervento trasversale che tocca la formazione culturale – altro che musei del ciarpame – e l’assistenza. Perché l’aiuto più grande che possiamo dare alle famiglie è curare l’educazione dei figli, dando sostegno ai genitori anche nella quotidianità. Il peso più grande per una famiglia in difficoltà economica è proprio il pensiero di non saper dare un futuro adeguato ai figli. A questo deve pensare la collettività, ed il Comune deve saper fare la propria parte. Che non è tutto, ma è importante.

E’ sempre un problema di risorse.
 
Come ho detto, bisogna tagliare altrove. Smettiamo di spendere milioni di euro per il Tram di Opicina, tagliamo i compensi nelle partecipate, e ristrutturiamo le scuole.

Si parla tanto di verifiche, di ISEE.

Ho l’impressione che ci sia un eccesso di zelo. Sicuramente esistono casi di prestazioni percepite indebitamente, ma ho l’impressione che siano casi abbastanza limitati. Non credo all’esercito di truffatori che barano per aggirare le normative: le violazioni vanno individuate e sanzionate, ma senza guerre di religione. E’ un po’ come la declamata questione dei falsi invalidi, che secondo qualcuno sarebbero una moltitudine quando invece, alla prova dei fatti, non è così.

No?

I dati INPS lo smentiscono. La piaga dei falsi invalidi è una leggenda giornalistica.

Veniamo allora alla disabilità.
 
Un universo. Qui non si sa veramente da dove cominciare. Dalle barriere architettoniche all’accessibilità ai bus; dagli insegnanti di sostegno all’integrazione lavorativa, il mondo della disabilità ha bisogno di decenni, ancora, prima di raggiungere livelli accettabili di tutela, anche dal punto di vista culturale. Il cammino è avviato e va seguito con pazienza e perseveranza. L’aspetto più grave, però, è culturale, di atteggiamento. Bisogna far entrare nella mentalità delle amministrazioni pubbliche che la disabilità è una condizione che può toccare a tutti, per gli eventi più svariati. Quindi, oltre agli interventi settoriali, è l’atteggiamento delle istituzioni che deve mutare, acquistando la capacità di trattare la disabilità come parte integrante del nostro mondo e del nostro modo di fare comunità.

(8. continua)

domenica 24 aprile 2016

Il Vulcanissimo alla conquista di Trieste. Settima puntata.

Vulcanissimo, il discorso sulla giunta in carica ci riporta alla città: negli ultimi cinque anni abbiamo avuto quattro diversi assessori alla cultura. Che riflessione facciamo?

Chiediamoci cosa significa essere assessori alla cultura di questo Comune. Da quello che ho visto sarebbe più opportuno dire “assessore ai musei comunali”. Solo di questo ho sentito parlare, e forse è giusto così: la politica dovrebbe tenersi lontano dalla cultura.

Si parla di museo diffuso del ‘900.

Museo del Mare, Museo Ferroviario, Istituto della cultura marittimo portuale, Museo d’arte orientale, Museo della cultura istriana, Museo del Risorgimento, Museo Sartorio, Museo Morpurgo e Museo de Henriquez… Aggiungiamo Il Faro della Vittoria, l’Ursus ed il Tram di Opicina e direi che possiamo ribattezzare Trieste come la Città dei Rottami e della Cianfrusaglie.

Un giudizio severo..

Chi non ha una storia cerca di costruirsela, e Trieste è un nitido esempio: qui vige la spasmodica esigenza di dare valore storico a qualsiasi insignificante residuo del passato. Il risultato è di avere dei contenitori inutili di materiale che non interessa a nessuno.

Beh, che c’è di male? … E magari i turisti possono interessarsene.

Di male c’è che si sprecano risorse, e parliamo di milioni di euro fra investimenti in strutture e personale. E mi dica lei quale turista affronta un viaggio di ore ed ore e programma un soggiorno in città per vedere le stoviglie dei Sartorio o i bossoli bucati di De Henriquez.

Ma la memoria della città va rispettata..

Rispettata ma non mitizzata, dando valore museale a semplici collezioni. Un conto è conservare, un conto è esporre. Teniamole pure, ma chiuse, visitabili a richiesta o in poche e determinate date. A parte il Revoltella, con il patrimonio artistico che ha e magari con quello che potrebbe essere lì traslato dal Sartorio, tutti gli altri musei non possono rimanere come esposizioni permanenti. Esiste anche un Museo della Bora, per esempio, ma è privato e visitabile su prenotazione. Questa è la formula da adottare anche per gli altri contenitori, magari affidandoli in gestione a soggetti privati che – per spirito di volontariato e passione – li possono rendere visitabili su prenotazione. Anche per la Kleine Berlin di via Fabio Severo funziona così.

E ci mettiamo anche il Tram?

Altro esempio di spreco inverecondo. E’ un rottame tenuto in vita a spese della collettività: va smantellato immediatamente. A meno che una società di appassionati non voglia sostenerne i costi di gestione, magari facendo pagare il biglietto in modo da mantenersi in pareggio.

Dicono che sia un’attrazione turistica.

Allora facciamo pagare il biglietto 5 euro per ogni corsa, e vediamo quanti turisti lo prendono.

Ma i triestini ci sono affezionati.

Anche i miei figli sono affezionati al maggiolone del nonno, ma questo non è un buon motivo per obbligarmi ad andare a lavorare con quello. Il Tram di Opicina può essere tenuto come attrazione da far circolare un paio di giorni all’anno, ma il servizio va sostituito con gli autobus. Risparmieremmo denari per le scuole, i servizi di assistenza, la pulizia strade…

E l’Ursus?

Non mi faccia bestemmiare..

L’hanno chiamato la Tour Eiffel di Trieste.

Vuol farmi arrestare?

Ok, va bene. L’attuale assessore alla cultura progetta di trasferire la biblioteca comunale nella ex Pescheria.

A parte che mi sembra un progetto inutile e dannoso, mi chiedo: cosa c’entra la cultura? Spostare fisicamente i libri da qui a lì è un’attività culturale? A me sembra materia per un assessore alla logistica, semmai. Sarebbe come se un docente di letteratura, durante le ore di lezione, insegnasse ai suoi allievi a montare le librerie Ikea, in base al principio che negli scaffali andranno i libri di Dante e di Leopardi.

Non si salva proprio nulla.

Siamo tornati ad un argomento già sfiorato. A Trieste la cultura, in una strana e deviata miscela con la promozione turistica e la memoria storica, sembra coincidere con l’idea di conservare ogni minima traccia del passato pre-italiano. Tutto quello che ha più di cento anni va recuperato. In assoluto. Poi, una volta recuperato un edificio o un qualche altro accidente, non si sa cosa farne e ci si inventano stravaganze per usarlo in qualche modo. Così si sprecano risorse prima, in recuperi e restauri, e dopo, in iniziative inutili pensate solo per usare quel che si è restaurato. Per tacere delle spese di custodia, manutenzione e di personale. E’ accaduto con la ex Pescheria, con il Magazzino delle Idee, con il Magazzino 26, con il Magazzino Vini, con l’Ospedale Militare, la Stazione idrodinamica eccetera.. E’ un lungo elenco, e si rischia di continuare con altre iniziative a vuoto..

L’ex Ospedale militare dicono sia un gioiello.

E qualcuno mi deve spiegare perché, fra le migliaia di studenti dell’Università di Trieste, devono esistere trecento privilegiati che stanno in tale paradiso. Che senso ha? Se si vuole fare un Campus lo si faccia per tutti, non solo per pochi privilegiati.

Il Magazzino vini andrà a privati, non va bene nemmeno quello?

No, ne abbiamo già parlato. Soldi dei triestini per garantire profitti a un privato: NCS. Non Ci Siamo.

Va bene, ma torniamo al Comune, alla ex Pescheria e alla Cultura. La ritrasformiamo in mercato del pesce?

Non sarebbe neanche sbagliato, ma ormai che c’è usiamola. Per una volta potremmo dare un senso all’espressione “restituire alla città”: mettiamola a diposizione dei triestini e dei non triestini per qualcosa di loro, e non per iniziative calate dall’altro e per di più episodiche, visto non ci sono risorse.

Cioè?

Potremmo utilizzarlo come area espositiva per artisti, come teatro sperimentale, come luogo di ritrovo per serate di musica e di ballo. E’ talmente grande che può contenere un’area espositiva da autogestirsi, un palco, un’area per la danza. Lei sa che a Trieste esistono gruppi spontanei di amici che si riuniscono periodicamente per serate di ballo (dal rock anni 80 al tango, dai balli ottocenteschi all’heavy metal), itinerando fra vari locali pubblici con la loro collezione di cd. Non esistendo più le discoteche, si adattano a essere ospitati in vari locali, con il problema del disturbo per i residenti e delle autorizzazioni dei titolari. Diamo loro uno spazio pubblico quasi gratuito (basta far pagare una quota per l’assicurazione e la corrente elettrica) e usiamo la ex Pescheria come punto di riferimento per la “movida” triestina e per fare musica, così non disturbiamo i residenti che vogliono dormire.

Una milonga sul mare..
 
Un nome comunque preferibile a “Salone degli Incanti” che non ho mai capito cosa vuol dire. Ma visto che si parla tanto di scarse opportunità di aggregazione per i giovani, questa potrebbe essere una prima risposta. Inoltre quella zona è ricca di bar e ristoranti; inserirci un’attrazione di quel tipo gioverebbe.

Abbiamo toccato il tema del turismo. Che cosa possiamo fare per attirare più visitatori?

Abbandonare l’idea che debbano essere gli enti pubblici a fare promozione. Fra Promotour, PromoTrieste e altre copie si spendono denari pubblici per strutture che non producono nulla. Sono gli operatori del settore a sapere cosa serve per richiamare turisti: lasciamo che albergatori, ristoratori ed esercenti gestiscano da soli la promozione. Il Comune deve fare altro: tenere la città pulita, ordinata, fruibile. I turisti, appena arrivati qui, dicono che la città è sporca.

Ma lei vuole chiudere anche i musei..

Tranne il Revoltella… Per gli altri vediamo i dati degli ingressi e mi darà ragione. Preoccupiamoci invece di avere negozi aperti più a lungo ed esercizi pubblici migliori. Parliamoci chiaro: l’offerta gastronomica in città è quella che è. Locali ce ne sono, ma la qualità? L’igiene? Il servizio? Gli orari di apertura? Si parla tanto di movida notturna, ma io dopo una certa ora vedo solo serrande abbassate. Vorrei locali aperti più a lungo, servizi igienici più puliti, camerieri più cortesi, interni più curati e più qualità. Guarderei in faccia i vertici delle associazioni di categoria e direi loro: signori, vediamo di migliorare un po’, e magari arriverà più gente.


(7. continua)

sabato 16 aprile 2016

Il Vulcanissimo alla conquista di Trieste. Sesta puntata.


Vulcanissimo, sospendiamo per un momento la discussione delle linee programmatiche e diamo uno sguardo alla campagna elettorale in corso, con quattordici-quindici candidati sindaco già in pista.
 
Segno di un’attesa sproporzionata nell’istituzione Comune. Soprattutto ora, con le ristrettezze finanziarie che sappiamo, il Comune è costretto a limitarsi a ben poco oltre l’ordinaria amministrazione. Ma la buona politica si vede proprio in questo: saper gestire l’ordinaria amministrazione al meglio e far fruttare l’intelligenza per andare oltre. Sono capaci tutti di raccogliere consenso spendendo a destra e a manca. Il bravo amministratore sa farsi apprezzare nei momenti di crisi.

Comunque i candidati che ambiscono al ballottaggio sono tre. Proviamo a valutarli, cominciando dal sindaco in carica. Come ha amministrato?

Non serve che mi scomodi io a dare giudizi. Mi pare che ci abbia pensato un senatore del suo stesso partito a bocciare l’attuale sindaco. Più chiaro di così! Senza contare che R.C. ha perso per strada pezzi di maggioranza, la sinistra e l’Italia dei valori. In pratica si ripresenta con il solo PD, ed il senatore triestino del PD ha detto che doveva farsi da parte. Direi che non serve altro.

Eppure non si è scoraggiato ed ha vinto le primarie.
 
Confondendo le carte ai suoi elettori. Già cinque anni fa, come tutti sanno ma fanno finta di non sapere, RC vinse grazie alla desistenza di una grossa fetta di centrodestra. E forse anche qualcosa di più di una desistenza: si trattò di una versione locale ed anticipata di patto del Nazareno. RC è forte di una riedizione del patto, e la scomparsa della sinistra dalla sua coalizione gli fa molto comodo.

Quindi ci sarebbe una fetta di centrodestra triestino che sosterrà sotterraneamente RC?
 
Esattamente.
 
E per quale motivo?
 
I triestini non riescono a vedere Trieste in un’ottica nazionale, continuano a pensare di vivere in un’isola (felice). E invece siamo inseriti anche noi nel contesto nazionale che condizione le elezioni locali.

Si spieghi.

La strategia di SB è sotto gli occhi di tutti: più che il suo partito gli serve tenere in piedi Renzi, e sa che una sconfitta dei candidati PD alle amministrative lo metterebbe in difficoltà. Quindi SB corre per perdere un po’ ovunque. Corre per perdere a Roma e sicuramente anche a Trieste. E’ significativo che il suo candidato RDP abbia escluso la componente civicamente più attiva della sua possibile coalizione.

E’ una visione un po’ dietrologica. Anzi, molto dietrologica.
 
Lei dice? Immaginiamo di guardare Trieste da Roma. RC si è iscritto all’area renziana del PD, che tiene in pugno maggioranza parlamentare e governo. RDP, anche se qui si fa finta di non saperlo, è il terminale in regione del partito di Alfano, che sta al governo con Renzi, anzi, ne è l’alleato più forte.

Quindi?

Quindi la sfida dei Roberti, lo scontro RC-RDP è fasullo. Sono alleati a Roma e, sotterraneamente, a Trieste.

E chi dei due corre per perdere?

Sicuramente RDP non ha molta voglia di vincere, in caso contrario non avrebbe scaricato la parte più attiva dell’area di centrodestra. Ma il punto non è qui. Chiunque dei due vinca, il giorno dopo correranno a mettersi d’accordo, magari sottobanco come è stato nei cinque anni appena trascorsi.

Addirittura.

Sappiamo tutti che Trieste ha un’eminenza grigia che governa chiunque vinca. E non vedo perché dovrebbe cambiare stile. Ha mantenuto la sua presa sulla città anche senza incarichi, continuerà a farlo.

Una specie di patto del Nazareno al kren, e l'oste sarebbe GC...

Esattamente, per continuare ad abbindolare gli elettori, qui come a livello nazionale.

Ma perché i partiti dovrebbero accettare di correre per perdere?
 
Hanno alternative? L’elezione del sindaco è una sfida fra nomi, non fra coalizioni, e i partiti si devono adattare. E poi se da Roma arrivano indicazioni in un senso non possono sottrarsi. Sono finiti i tempi dei politici che raccoglievano il consenso sul territorio e andavano dai leader nazionali a portare voti, ragioni ed istanze. Adesso sono i leader nazionali a concedere in franchising il simbolo ai rappresentanti locali, che di loro non valgono nulla. Quindi zitti, muti ed obbedire.

Quindi anche qui due finti avversari che pensano prima di tutto a far fuori i 5*, che invece rischiano di vincere…

E di naufragare subito dopo. Pizzarotti vinse a Parma promettendo lo stop all’inceneritore di Ires, e poi è stato lui stesso a metterlo in funzione. Qui PM promette la stessa cosa per la Ferriera, che nessuno chiuderà mai.

Un quadro sconfortante. Ma cosa spinge la politica a tradire così vilmente i triestini?

L’impoverimento generale. La politica triestina ha vissuto di vacche non grasse, obese, per decenni. Ora che le cose vanno un po’ meno bene sono presi dal panico di dover fare troppe rinunce. Hanno mogli e figli da sistemare, amici, famigli. Uno scontro vero ed una sconfitta vera li metterebbe a terra: meglio imboccare una strada inciucista che, vada come vada, garantisce qualcosa a tutti. A scapito della gente comune. Tenga conto che i barili in cui raschiare sono sempre di meno e sempre più vuoti. L’Acegas è stata una grande mangiatoia, ed in parte molto ridotta lo è ancora, ma i bolognesi non li lasceranno fare ancora per molto. La Cassa di Risparmio ha foraggiato tutto e tutti, ma ora che la fondazione è stata saccheggiata, da lì viene ben poco. Le Coop operaie non ci sono più, Friulia deve fare i conti con se stessa e Mediocredito è un buco nero. Ripeto: il grasso da raschiare è sempre meno, anche perché da Roma arriva poca roba, ed è meglio spartirselo fra amici.

Sembra un proclama da 5*: facciamo piazza pulita.

La premessa porterebbe a ciò. Ma se anche mandi via tutti con chi li sostituisci? E chiunque tu metta, cosa previene dal ripetere i comportamenti deleteri? La soluzione 5* è illusoria: azzerare tutto colpisce prima di tutto chi ha di meno, mentre chi detiene il potere trova sempre il modo per mettersi in salvo e, anzi, nel torbido del repulisti trova il modo di fare incetta.

Quindi?

A livello locale e nazionale serve una terza via. Bisogna individuare le cose che vanno bene e distinguerle da quelle che non vanno, separare il grano dal loglio e portare il grano ai mulini che funzionano.

Facile a dirsi, ma qual è lo strumento?

Meno burocrazia e più giustizia. Moralità e buonsenso.

Dove li troviamo?

Abbondano ovunque, tranne là dove si governa.


(6. continua)