Sebbene sia stata ufficializzata solo in queste ore, l'operazione imprenditoriale risale a quattro mesi fa: era metà marzo quando le produzioni alimentari triestine, dedicate a prosciutti e insaccati misti, Sfreddo, Principe, Masé e Duke, sono state rilevate da parte di una holding mediorientale che ha sede a Doha, grazie ad una corposa operazione finanziaria.
L'intervento della multinazionale del Qatar ha riportato ai vecchi fasti il polo alimentare della provincia, con un lancio di prodotti e insaccati innovativi all'insegna della salute, in grado di soddisfare anche la domanda del mercato islamico e eco-salutista su tutto il territorio nazionale.
L'intervento della multinazionale del Qatar ha riportato ai vecchi fasti il polo alimentare della provincia, con un lancio di prodotti e insaccati innovativi all'insegna della salute, in grado di soddisfare anche la domanda del mercato islamico e eco-salutista su tutto il territorio nazionale.
Grazie all'iniezione di capitali stranieri l'industria e l'occupazione locale ha segnato un colpo di arresto alla crisi del settore che, il progetto di sviluppo mediorientale contribuito anche da fondi comunitari per la ricerca e l'innovazione, sta sperimentando con successo la nuova linea produttiva di insaccati e bolliti senza l'impiego di carni suine e bovine, nel rispetto dei valori della filosofia vegetariana, vegana e salutista e con una virtuosa mediazione tra le diverse culture alimentari presenti sul territorio.
Impostati secondo i protocolli della macellazione halal e il disciplinare per cibi e insaccati vegani, veg-salumi e veg-wurstel, da alcuni mesi il mercato degli alimenti da salumeria triestino è fornito esclusivamente di prodotti a base vegetale, quali amaranto, quinoa, alghe, soia e legumi vari che garantiscono al consumatore la possibilità prevenire le malattie del benessere e il mantenimento della linea. Il tutto sta avvenendo senza rinuncia al tradizionale panino col salame o al “rodoleto de cotto”, spuntini destinati a non sparire dalle nostre tavole ma che sono prodotti con materie prime non animali.
Impostati secondo i protocolli della macellazione halal e il disciplinare per cibi e insaccati vegani, veg-salumi e veg-wurstel, da alcuni mesi il mercato degli alimenti da salumeria triestino è fornito esclusivamente di prodotti a base vegetale, quali amaranto, quinoa, alghe, soia e legumi vari che garantiscono al consumatore la possibilità prevenire le malattie del benessere e il mantenimento della linea. Il tutto sta avvenendo senza rinuncia al tradizionale panino col salame o al “rodoleto de cotto”, spuntini destinati a non sparire dalle nostre tavole ma che sono prodotti con materie prime non animali.
Nel piatto caldaia, accompagnati dai sempiterni capuzzi garbi e patate
in tecja, i wurstel di lupini, il vegan cragno, la porzina di soja e lo
zampone di seitan, hanno preso il posto delle pingui e spesso
indigeribili frattaglie e cotenne ormai superate e definitivamente
sostituite, senza destare clamori nè rimpianti per le carni suine e i
prosciutti friulani, spagnoli e dalmati.
La novità è stata accolta con entusiasmo anche nei numerosi buffet triestini, la cui offerta - immediatamente presa d'assalto dalla comunità di impronta islamica - si è adeguata al nuovo corso produttivo con proposte culinarie sempre adatte alla gola della tradizionale clientela. Questo il commento di un frequentatore abituale di una nota tavola calda di Trieste: "Non se ne è acccorto quasi nessuno, ma qualche lieve cambiamento c'è stato. Ora il cotechino sa di cicoria cruda e la luganiga è un macinato di rapa e soncino però, anche se spendo un pò di più per i miei due figli animalisti che adesso pranzano fissi qui a spese mie, digerisco subito e ho il colesterolo come un dodicenne, inoltre sto imparando l'urdu da Amin, un vicino di tavolo con cui abbiamo socializzato da qualche tempo".
La novità è stata accolta con entusiasmo anche nei numerosi buffet triestini, la cui offerta - immediatamente presa d'assalto dalla comunità di impronta islamica - si è adeguata al nuovo corso produttivo con proposte culinarie sempre adatte alla gola della tradizionale clientela. Questo il commento di un frequentatore abituale di una nota tavola calda di Trieste: "Non se ne è acccorto quasi nessuno, ma qualche lieve cambiamento c'è stato. Ora il cotechino sa di cicoria cruda e la luganiga è un macinato di rapa e soncino però, anche se spendo un pò di più per i miei due figli animalisti che adesso pranzano fissi qui a spese mie, digerisco subito e ho il colesterolo come un dodicenne, inoltre sto imparando l'urdu da Amin, un vicino di tavolo con cui abbiamo socializzato da qualche tempo".
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